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Visualizzazione dei post da maggio, 2012

Uscire dai margini si può

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Nota: Oggi è la festa liturgica della Visitazione di Maria ad Elisabetta. Il vangelo proposto è Lc 1,39-56, che narra appunto dell'incontro tra le due donne, da cui scaturisce la lode a Dio nel Magnificat della Madre del Signore . Tuttavia, per non interrompere la continuità nella lettura del vangelo dei giorni scorsi, prenderemo qui in considerazione un brano di Marco, mostrando - a modo nostro - un collegamento con il brano di Luca. Il passaggio di Gesù mette in moto la vita! Maria, all'annuncio dell'angelo, "si alzò e andò in fretta" incontro ad Elisabetta il cui bambino le sussultò in grembo. Bartimeo, chiamato, "balzò in piedi e venne da Gesù". Il cieco di  Gerico "seduto lungo la strada" rappresenta l'umanità ferita e rassegnata a rosicchiare, a trascinare la vita, quanto basta per sopravvivere. Non c'è futuro, non c'è speranza, non c'è una strada. Si è costretti ai margini della vita. Il passaggio di Gesù accende un

La "carriera" di Gesù

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Ammiro la pazienza di Gesù nell'impresa difficile di formare i suoi discepoli. E' anche vero, d'altra parte, che la sua proposta è di una originalità mai vista e sentita. Troppo diversa dalla mentalità dominante. Gli annunci della passione, qui ne leggiamo il terzo del vangelo di Marco (gli altri due: Mc 8,31-33 e Mc 9,30-32), sono significativamente seguiti ogni volta da un insegnamento sulla sequela. In questo caso Giacomo e Giovanni aspirano a uno scatto di carriera e azzardano la richiesta di favore. A Gesù non interessa la clientela, ma la sequela: propone di bere lo stesso calice che lui beve e un battesimo con cui egli stesso è battezzato. In una parola propone la croce. Personalmente credo che se i discepoli avessero davvero un po' compreso cosa Gesù chiedeva, lo avrebbero mollato... Ciò che forse li ha trattenuti, oltre a una sana ignoranza, sarà stato il fascino irresistibile di una persona e di un messaggio così inusitati. Della serie: "Signore, da chi

Il cento per uno

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Ricordo un giorno di molti anni fa un signore che mi chiese un appuntamento per parlarmi di una proposta. Lo accolsi mettendomi in atteggiamento di ascolto. Scoprii che era un assicuratore. "Sa - mi fece - lei è un giovane sacerdote ed è giusto che pensi a un futuro sereno. Le voglio proporre di sottoscrivere una polizza vita: mettendo da parte pochi spiccioli al mese, senza accorgersene, quando saranno passati anni e ne avrà bisogno, troverà i suoi risparmi moltiplicati, grazie agli interessi che matureranno nel tempo". Gli risposi: "Ah, interessante! E... quale tasso di interesse verrà riconosciuto?". Replicò l'assicuratore: "Beh, adesso è difficile dirlo con esattezza, dipenderà dalle condizioni del mercato... ma le assicuro che i suoi risparmi saranno al sicuro e si accresceranno nel tempo...". Ed io: "La ringrazio molto, ma sa... io ho già investito tutto in una banca che mi offre un interesse, credo, imbattibile...". E, prontamente mi

Fissò lo sguardo su di lui, lo amò...

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Quante volte abbiamo ascoltato il vangelo del cosiddetto "giovane ricco"! E' un tale di cui non ci è dato di conoscere il nome. E' un uomo "qualunque". Egli resiste al tentativo di Gesù di fare breccia dentro di lui. Sì, perché Gesù non è "qualunquista", ma ama in maniera diretta e personale, chiama per nome. Pensiamo all'intensità dello sguardo di Gesù in quell'attimo in cui "fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: ... vieni! Seguimi!". Il "tale" non si lascia illuminare dal Maestro, le ricchezze si frappongono come un muro, un diaframma: "si fece scuro in volto...". Anche noi, come i discepoli, siamo sconcertati. Tuttavia la frase finale di Gesù apre uno spiraglio di speranza: Dio non mollerà facilmente quel tale che se "andò rattristato", tenterà ancora altre vie e altre strade pur di farlo uscire da una vita di anonimato, infatti "tutto è possibile a Dio". Oggi non abbassiamo g

Il "respiro" di Dio

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Oggi è Pentecoste! Suppongo che i lettori di questo blog parteciperanno all'Eucaristia di tale solennità. Mi astengo perciò da qualsiasi commento, ma voglio segnalarvi un video di Roberto Benigni che, leggendo Dante, commenta l'ultimo canto del Paradiso della Divina Commedia. E' una spiegazione formidabile di chi è lo Spirito Santo. Buona festa a tutti! Dagli atti degli apostoli (At 2, 1-4) Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.

Il "quinto" vangelo

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Siamo giunti alla conclusione del quarto vangelo, dove l'apostolo Giovanni , "quel discepolo che Gesù amava", mette la sua firma. Pietro, dopo il dialogo con Gesù e l'invito a seguirlo fino al martirio, si mostra curioso sul destino del condiscepolo che in effetti non morirà martire. Ciò che davvero importa è seguire il Maestro ciascuno per la sua originale e personalissima strada. L'autore del quarto vangelo deve mettere un punto alla sua narrazione che, in un certo senso, rimane aperta. Ora è il tempo in cui ogni credente, che vive il tempo dello Spirito e della Chiesa, deve scrivere il suo "quinto" vangelo con la propria vita di fede testimoniata e vissuta. Non un vangelo diverso, fatto a propria immagine e somiglianza, ma la propria unica e originale vita vissuta in conformità a Cristo e al suo vangelo. Scriveva Chiara Lubich, a proposito dell'importanza che per lei e le sue prime compagne a Trento avevano le parole di Gesù ascoltate e messe in

E' questione di amore

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Alcuni studiosi osservano che la domanda che Gesù per tre volte rivolge a Pietro corrisponde - quasi a volerlo controbilanciare - al triplice rinnegamento di quest'ultimo nelle vicende seguite all'arresto del Maestro, altri mettono in evidenza la differenza dei verbi usati. Per due volte infatti Gesù domanda a Pietro: "Mi ami?" e il discepolo risponde col meno intenso: "Ti voglio bene", la terza volta Gesù "scende" al livello di Pietro e gli chiede: "Mi vuoi bene?". Quello che è certo è che Gesù risorto rinnova la sua chiamata a Pietro, come già aveva fatto sulle rive del lago di Galilea, a seguirlo in maniera incondizionata. Quel "seguimi", con cui si chiude il brano di oggi, ha una forza scultorea. Non si tratta di seguire una dottrina, per quanto affascinante, ma la persona di Cristo. E la sequela di Lui è questione di amore, con la prontezza a testimoniarlo fino alla fine. Tanto più vero quanto più la missione che Gesù aff

Che tutti siano una sola cosa

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L'unità! In un mondo lacerato da discordie, nell'esperienza di lacerazione interna al cuore stesso dell'uomo, sembra davvero un'utopia, un sogno fuori dalla realtà. Eppure il desiderio e la tensione verso l'unità restano insopprimibili. Un segno di questo è il fenomeno contemporaneo della rete che da mezzo tecnologico diventa sempre più spazio da abitare (il cyberspazio). Il bisogno di essere connessi, di abitare la rete di relazioni, pur insieme ad ambivalenze e contraddizioni, denota la tensione dell'uomo verso la comunione. La preghiera di Gesù ci dice il fondamento profondo, la radice stessa di questa tensione all'unità che abita in Dio. Ogni persona, amata e chiamata alla vita da Dio, trova in Lui il compimento e la pienezza (la gloria). Al di fuori di Lui c'è lacerazione e smarrimento rispetto al senso stesso del vivere. Gesù è il mediatore, il ponte che stabilisce la connessione tra ciascuno di noi e il Padre e ci mette in connessione tra di noi

La cura

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Le due parole, anzi i due verbi chiave che sono al centro del messaggio evangelico di oggi sono, a mio parere, custodire e consacrare.  Sono entrambi verbi che manifestano la cura di Dio per l'uomo. La custodia dell'amore che Gesù esprime capovolge l'obiezione di Caino alla domanda del Signore che chiede al fratricida: "Dov'è tuo fratello?", e lui: "Sono forse io custode di mio fratello?" (Gn 4,9). Il verbo "consacrare" vuol dire dichiarare qualcosa o qualcuno "proprietà" di qualcun altro: nel senso adoperato significa essere messi da parte per Dio. E' da notare che è la Parola che ci custodisce e ci consacra. Ascoltando la parola del vangelo di oggi mi è tornata in mente una stupenda canzone di Franco Battiato: "La cura". Ne ripropongo il testo e il link a un video su youtube. Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via. Dalle ingiustizie e dagli inganni d

Tu vali!

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Oggi leggiamo la prima parte della preghiera, detta "sacerdotale", di Gesù al Padre. Essa riassume il senso ultimo della missione del Figlio, dell'opera che gli è consegnata: quella di dare la vita eterna a tutti coloro che il Padre gli ha affidato, ai discepoli di allora e a quelli di tutti i tempi. La vita eterna, spiega Gesù, consiste nel "conoscere" il Padre e Colui che il Padre ha mandato. Si tratta chiaramente non di conoscenza semplicemente intellettuale, ma di intimità profonda dell'uomo con Dio nell'amore. Tutto questo accade nell'ora della glorificazione del Figlio, che - come già sappiamo - corrisponde all'offerta totale di sé sulla croce. Pensare che io, tu... siamo affidati dal Padre a Gesù, pensare che Gesù prega per ciascuno di noi, siamo da lui gelosamente custoditi... beh, tutta questa attenzione e questo amore dà le vertigini! Ci dice quanto preziosi siamo ai suoi occhi... e di conseguenza quanto vale ogni nostro prossimo.

Non solo ferite... ma feritoie

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Gesù è asceso al Cielo e si ha l'impressione che Egli non si curi delle prove e delle tribolazioni che scuotono la vita degli uomini di ogni luogo e di ogni tempo. L'impressione è l'esatto contrario di quanto ha affermato ai discepoli tornando al Padre: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Eppure Gesù stesso ha sperimentato l'abbandono di tutti, perfino l'abbandono di Dio (il grido sulla croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" in Mc 15,34 e Mt 27,46), un po' in apparente contraddizione con quanto è affermato nel brano di oggi. Tuttavia è esattamente questo attraversare la ferita dell'abbandono per guarirla dal di dentro il fondamento della nostra speranza. Egli ci può quindi incoraggiare perché ha vinto il mondo, rialzandosi, risorto e vittorioso, dalle sue macerie di morte. Per dirla con un'efficace espressione usata da don Tonino Bello, la Pasqua di Gesù ci permette di trasform

Polvere nelle mani del vasaio

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"Il Signore agiva insieme con loro...". L'Ascensione di Gesù non deve farci distogliere lo sguardo da dove mettiamo i piedi sulla terra, non deve allentare la nostra azione ("Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?...": At 1,11). La polvere della terra deve continuare a sporcare i nostri piedi, ma con quella polvere si è sporcato i piedi Gesù stesso e continua a sporcarseli in e per noi. Dio sa cosa fare con la polvere, così come un vasaio sa cosa fare con la creta. Dio ha inaugurato per mezzo di Cristo e nello Spirito un mondo nuovo che continua a svilupparsi in modo inarrestabile e irreversibile, pur in mezzo a mille contraddizioni, come l'azione del lievito nella massa di farina impastata con l'acqua: ""Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata" (Mt 13,33). L'Ascensione ci ricorda il compimento del Regno dei Cieli verso il quale tutta l

Una finestra aperta verso l'eterno

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Il brano odierno del vangelo di Giovanni ci offre un altro frammento del discorso che Gesù fa ai discepoli per predisporli ai misteri connessi alla sua Pasqua e svelarne il senso. In particolare l'ultimo versetto (28) ci introduce alla festa dell'Ascensione di domani e ce ne riassume il significato. L'irruzione dell'eterno nel tempo ("sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo") fa sì che ciò che vive nel tempo possa entrare nell'eterno, in quanto il Verbo, incarnandosi, assume l'umano e lo eleva all'altezza di Dio ("ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre"). Gesù, in questo movimento di discesa e ascensione, di abbassamento e innalzamento, svela l'altissima vocazione non solo dell'uomo, ma dell'intero cosmo aprendogli l'accesso all'eterno. La preghiera è il luogo privilegiato dell'incontro tra tempo ed eterno. E' spazio in cui si stabilisce la comunione d'amore tra noi e il Padre, per mezzo di Cr

Il diritto e il rovescio della medaglia

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La morte di Gesù in Croce, la sua sepoltura nel grembo della terra e la sua risurrezione al terzo giorno è la gestazione e il parto nel dolore dell'uomo nuovo, il nuovo Adamo, che è Cristo Risorto. In Lui anche noi moriamo all'uomo vecchio fatto di terra e di peccato per rinascere creature nuove.  San Paolo rilegge, attraverso la metafora della gestazione, l'intero cammino del cosmo, il suo stesso destino (vedi Rm 8,16-25): "Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi"  (v. 22). E' la logica pasquale, scritta nello stesso evento naturale del parto, che investe ogni cosa: è la legge della vita! Mi viene in mente una canzone di 28 anni fa del gruppo Gen Rosso dal titolo appunto: "La legge della vita" (clicca su Youtube per ascoltarla). Amarcord!... Era il 1984, l'anno della mia maturità, la prima volta che ascoltai questa canzone ad un concerto del complesso musicale! Questa è la legge ete

Dio gioca a nascondino

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Talvolta sembra che Gesù giochi a "nascondino"! Capita nelle vicende della vita di non capirlo proprio ("non comprendiamo quello che vuol dire..."), di sentirlo distante, distratto, se non addirittura assente. Egli l'ha detto: verrà sottratto alla nostra vista e allora anche la fede potrà vacillare... Qui, nella tristezza, sarà necessario compiere un atto di fede nello Spirito che Gesù ha promesso: seguendo lo Spirito potremo percorrere il tunnel  buio, senza soccombere al panico che ci farebbe piantare lì in mezzo, nella speranza certa che oltre quel fondo nero ci aspetta la luce. Vieni Santo Spirito... illumina il cuore dei tuoi fedeli! Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 16,12-20). Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorific

Testimone: fino a quale grado?

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L'originale greco del termine, reso in italiano con "testimonianza", è "martyria" (martirio). La testimonianza della fede, con la forza dello Spirito Santo promesso da Gesù, dovrà essere tale da giungere fino alla misura estrema dell'effusione del sangue. La logica della Croce accompagna e guida l'avanzare del Regno di Dio, inaugurato dalla Pasqua di Gesù. La Chiesa in questo tempo si appresta a celebrare l'Ascensione del Risorto al Cielo ("è bene per voi che io me ne vada...") e il dono dello Spirito Paraclito (paraclito = colui che è chimato accanto) nella Pentecoste (... se non me vado, non verrà a voi il Paraclito"). In effetti, se guardiamo alla storia della Chiesa di tutti i tempi, possiamo contemplare una nube sterminata di testimoni e martiri che, mentre sembrano soccombere sotto la persecuzione e l'opposizione del "principe di questo mondo", in realtà con il loro sangue ampliano quel fiume di grazia scaturito da

Il rifiuto del "sistema"

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Il "mondo" di cui parla Gesù nel linguaggio giovanneo non va inteso come la creazione di Dio, di per sé buona, ma come la realtà umana dominata dalla tenebra del peccato e avversa alla luce. E' la realtà caratterizzata dal condizionamento del grande seduttore, il "principe del mondo" (Gv 14,30), il "padre della menzogna" (Gv 8,44): il diavolo. E' il mondo che vive sotto il dominio del peccato. Il mondo così organizzato è un "sistema" che cerca di difendere se stesso da tutto ciò che può minarlo e indebolirlo. In effetti Gesù gli ha inferto un colpo mortale: "Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!" (Gv 16,33). Tutto questo però a caro prezzo: al prezzo della croce. Se vogliamo dunque essere discepoli del Signore - ricordiamolo bene: "un servo non è più grande del suo padrone" - inevitabilmente ci attireremo addosso l'ostilità del "sistema", l'odio del mondo. Ricordia

Un amore esagerato

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Nello sfondo del brano di oggi dobbiamo sempre tener presente l'immagine della vite e dei tralci. La "vite" che è Cristo dà la "vita" - come appunto le radici e il fusto dell'albero trasmettono la linfa vitale ai rami. La linfa è Gesù che versa sangue e acqua e rende lo Spirito dalla croce: è l'amore fino alla fine (cfr. Gv 13,1). Egli ci ha inseriti, innestati in Lui per libera elezione ("non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi..."): gli amici, appunto, si scelgono... ed Egli ci ha scelti! Il cuore non può che scoppiare di gioia! Ricordate quando Gesù chiama "per nome" Zaccheo, che era salito su un albero per vederlo meglio, ed egli - incredulo - "scese in fretta e lo accolse pieno di gioia" (Lc 19,6)? Dunque "se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri" (1Gv 4,11). Ecco il comandamento di Gesù che Egli definisce "suo" e "nuovo" (vedi Gv 13,34). Se dunque Egli ci

La gioia piena

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Il vangelo di oggi si comprende bene alla luce della metafora della vite e dei tralci, di cui il brano di Giovanni  che leggiamo (vv. 9-11) è continuazione. Come è la linfa nella vite, così è l'amore che dal Padre per il Figlio   fluisce fino a noi e tutto vivifica con la forza vivificante dello Spirito. Si realizza il mistero dell'inabitazione dei discepoli nel seno della Trinità. Condizione, e verifica nello stesso tempo, è l'osservanza dei comandamenti del Maestro. Come vedremo, Gesù dirà: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi" (v. 12). Dunque, la nostra unione con Dio e l'unione fraterna non sono innanzitutto frutto di uno sforzo morale, ma sono dono gratuito: basta lasciarsi irrorare dalla linfa dello Spirito, senza contristarlo e spegnerlo. Il frutto è la gioia: quella vera, quella piena, non come quella che dà il mondo (cf. Gv 14,27). Sant'Agostino, dopo tanto cercare, finalmente la trova in Dio e la e

Visita questa vigna!

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La liturgia di oggi ci propone lo stesso brano evangelico di domenica scorsa sull'immagine della vite e dei tralci (Gv 15, 1-8). Per il commento rimando al post "Vivere scorzati" . Pongo perciò alla vostra attenzione e preghiera un salmo di lamentazione, in cui ritorna l'immagine della vite, sulla sorte di Israele minacciata da una potenza straniera. Segue un commento proprio al vangelo odierno di un antico Padre della Chiesa. Salmo 80 Tu, pastore d'Israele, ascolta, tu che guidi Giuseppe come un gregge. Seduto sui cherubini, risplendi davanti a Èfraim, Beniamino e Manasse. Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci. O Dio, fa' che ritorniamo, fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvi. Signore, Dio degli eserciti, fino a quando fremerai di sdegno contro le preghiere del tuo popolo? Tu ci nutri con pane di lacrime, ci fai bere lacrime in abbondanza. Ci hai fatto motivo di contesa per i vicini e i nostri nemici ridono di no

"Il demonio teme l'amore tra gli uomini"

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Niente è più desiderabile della pace! Daremmo qualsiasi cosa pur di averne un po'. Ebbene Gesù ce la dona... e gratis! A minacciarla è "il principe del mondo", ma egli non può nulla contro Gesù. Per non lasciarci rubare la pace allora è semplice (!): basta rimanere uniti a Colui che ha vinto il mondo. Senza di Lui, senza essere uniti a Lui e tra di noi per l'amore vicendevole, non possiamo far nulla e siamo in balìa del Seduttore. A questo proposito riporto un significativo passo di S. Bernardo di Chiaravalle (sec. XII), Dottore della Chiesa e iniziatore dei monaci Cistercensi: «Il demonio teme poco coloro che digiunano, coloro che pregano anche di notte, coloro che sono casti, perché sa bene quanti di questi ne ha portato alla rovina. Ma coloro che sono concordi e che vivono nella casa di Dio, con un cuor solo, uniti a Dio e fra loro nell'amore, questi producono al demonio dolore, timore, rabbia. Questa unità della comunità non solo tormenta il nemico, ma a

Un Navigatore sicuro

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Gesù prepara i suoi discepoli a una nuova e diversa esperienza della sua presenza in mezzo ad essi e ai discepoli di tutti i tempi che avrebbero creduto in lui. Annuncia il suo ritorno al Padre, dove andrà a preparaci un posto, e che verrà di nuovo a prenderci con Lui (Gv 14,3). Non dobbiamo per questo sentirci smarriti, perché Egli è la Via. Inoltre aggiunge: "Non vi lascerò orfani: verrò da voi". Il mondo non le vedrà più, perché Gesù non sarà più visibile con gli occhi di carne, ma ai discepoli dice: "voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete" (Gv 14, 18-19). Il brano di oggi ci spiega come può accadere che Gesù, in unione con il Padre, possa abitare in noi e noi in lui: basta osservare la sua Parola che trova il suo compendio nel comandamento dell'amore reciproco e, perché questa ci possa raggiungere e vivificare, Gesù promette lo Spirito, che si fa accanto a noi (paraclito = dal gr. chiamato presso) e ci fa da "navigatore", da "ma

Vivere "scorzati"

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Le immagini della vite, della vigna, del vignaiolo sono molto familiari alla Sacra Scrittura, sia Antico che Nuovo Testamento. Ma quella del vangelo di Giovanni al capitolo 15 è senz'altro la più espressiva di tutte. Ho impresso nella mia memoria un ricordo della mia infanzia. Ogni estate trascorrevo una settimana dai nonni materni. Nonno Primetto mi portava sempre con sé in campagna. Una volta doveva fare l'innesto ad un albero da frutto (non ricordo più di quale specie) selvatico, affinché potesse produrre frutti buoni. Rimasi ammirato dalla sua maestria. Con un coltellino affilato praticò una piccola incisione a forma di T nella corteccia del giovane fusto, nè allargò con delicatezza i due lembi e vi innestò sul vivo un "occhiello", un germoglio, anch'esso scorzato, tratto dall'albero dai frutti buoni. Infine "fasciò" la ferita con dei filamenti naturali, rafia probabilmente. Da quel momento la linfa vitale poteva passare dalle radici al fusto e

Rimando...

Per il commento al vangelo di oggi rimando al post del 3 maggio . Il brano evangelico infatti (Gv 14, 7-14), continuazione di quello di ieri, ci era già stato proposto nella festa degli Apostoli Filippo e Giacomo.  Vi propongo, in più o in alternativa, di leggere il commento di Chiara Lubich alla "Parola di Vita" del mese di maggio: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!" (Lc 12,49) . Nell'augurarvi buona giornata vi invito a tornare su questo blog, già a partire da questa notte di sabato, con il breve commento sul vangelo di domenica 6 maggio.

Pellegrino o vagabondo?

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Sì, la vita assomiglia a un cammino che l'uomo percorre col desiderio di arrivare a "casa": luogo dove finalmente si sperimenta il riposo, il calore degli affetti e la sicurezza. La spiritualità cristiana, che si fonda sulle parole del  Maestro come quelle del vangelo di oggi, ha sempre ritenuto che qui sulla terra abitiamo da stranieri, come in esilio, lontani dalla patria... e chi è lontano dalla sua terra non vede l'ora di fare ritorno alla casa paterna. Dice un antico scritto di un autore anonimo del II sec. d.C., la Lettera a Diogneto : "[I cristiani] vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera". Vorrei mettere l'attenzione sul modo di camminare dell'uomo sulla terra. C'è da una parte il cammino (o l'agitarsi) del "vagabondo" che non riesce a fermarsi su nulla, che procede come senza m

Dove cercarti?

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3 Maggio, festa degli Apostoli Filippo e Giacomo. Il brano evangelico di oggi ci propone in particolare il dialogo di Gesù con l'apostolo Filippo, il quale osa esprimere al Signore il desiderio più grande che ha: "Mostraci il Padre e ci basta". Egli, in qualche modo, dà voce al desiderio - spesso inconsapevole ed inespresso - che abita in ciascuno di noi (notare quel "ci", al posto del "mi" che ci aspetteremmo di trovare). La ricerca di Dio, del suo volto, è - in ultima analisi - la ricerca della felicità. C'è la possibilità che la ricerca non vada nel senso giusto, che le distrazioni ci portino lontano dall'incontro e dalla conoscenza di Colui che è più vicino a noi di quanto possiamo immaginare ("da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto?"). Significativa è l'esperienza della ricerca della felicità, e quindi di Dio, descritta da S. Agostino e raccontata nelle sue Confessioni :  Tardi ti amai, bellezza così a

Mai confondere l'errore con l'errante

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Gesù non è venuto per condannare, ma per salvare il mondo! La condanna non è che il risultato di un'auto esclusione, di un rifiuto senza appello. Si tratta di essere non solo uditori della Parola, ma realizzatori del Vangelo. Tuttavia vorrei porre l'attenzione su un particolare aspetto connesso al messaggio di questo brano evangelico. Una domanda dobbiamo rivolgere a noi stessi: "Il mio giudizio verso le persone e il mondo è un giudizio di condanna o di salvezza?". Non si tratta certo di misconoscere l'errore e ciò che è male, ma qual'è il mio atteggiamento verso chi sbaglia? Vorrei qui richiamare un celebre passo sulla distinzione da farsi tra l'errore e l'errante del papa beato Giovanni XXIII, tratto dall'enciclica Pacem in Terris (1963): Non si dovrà però mai confondere l’errore con l’errante, anche quando si tratta di errore o di conoscenza inadeguata della verità in campo morale religioso. L’errante è sempre ed anzitutto un essere umano e

Per la "NEET generation", San Giuseppe, ti preghiamo!

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Nel giorno della festa del lavoro, a cui la Chiesa ha voluto accostare e proporre la figura di San Giuseppe lavoratore, non commenterò direttamente il vangelo ma voglio mettere in rilievo un fenomeno dei nostri tempi che mi ha colpito e dovrebbe destare in tutti una seria preoccupazione. Si tratta del fenomeno della "NEET generation". NEET  (pronuncia = niit) è un acronimo inglese che sta per "Not in Education, Employment or Training". Si riferisce a quella fascia di giovani che va dai 15 ai 29 anni che né studiano, né lavorano, né sono in alcun tirocinio. Il numero è impressionante, tale da costituire allarme sociale: in Italia sono quasi 3 milioni! (Clicca qui per saperne di più). Mi domando: cosa c'è di sbagliato nel sistema e nella cultura? Un Paese può permettersi di veder bruciare una generazione in questa maniera? Mi verrebbe da dire, per fare un'analogia un po' ardita, che neanche la seconda guerra mondiale è stata capace di fare tanta strage: