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Visualizzazione dei post da gennaio, 2013

Una vita "fosforescente"

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Dal contesto in cui si inserisce, il brano del vangelo di oggi mette al centro dell'attenzione la Parola. Essa esige ascolto ( "Fate attenzione a quello che ascoltate..." ) e va posta in alto perché brilli come lampada ( "Lampada per i miei passi è la tua parola,  luce sul mio cammino" - Sal 118,105). E qui, ovviamente, entra in gioco ciascuno di noi: ricevitori e trasmettitori della Parola. Tuttavia non semplici strumenti passivi. La Parola ricevuta e ascoltata, infatti, può essere davvero trasmessa se "attiva" la trasformazione della nostra personale esistenza. Sarà dunque non la bocca, ma la nostra stessa vita a "parlare". Un po' come accade, per fare un paragone, con quegli oggetti fosforescenti che esposti alla luce brillano nel buio. Non trattengono la luce, non sono "spegnitoi", ma la ridonano. E' così, credo, che possiamo comprendere le seguenti espressioni di Gesù: "Io sono la luce del mondo..." (Gv 8,12

Ci vuole l'humus!

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Il seme ha bisogno del giusto habitat per manifestare tutte le sue potenzialità. Sicuri del fatto che è Dio che fa crescere, a noi è affidata la custodia del terreno, la cura del seme e del tenero germoglio. Il seme è forte, ma ciò che lo rende vulnerabile, fragile e perfino inefficace sono le caratteristiche del terreno e tutto ciò che lo può infestare. Un consiglio: in questa pratica quotidiana di accogliere il seme della Parola verifichiamo, giunti a sera, quale fine ha fatto... Proviamo a vedere se non è stato oggetto di razzìa (da parte di Satana), se ha messo radice o il germoglio si è appassito di fronte a una fatica, se gli "affanni" della vita l'hanno reso sterile... oppure se ha dato frutto e in quale misura... A sera, sarà l'occasione per chiedere al Signore di non stancarsi a seminare ancora, mentre ci apprestiamo a preparare l' humus per accogliere seme sempre nuovo. E ricordiamolo: condizione indispensabile per preparare la terra è... l' umilt

Stare "fuori" ed essere "dentro"

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Al brano di oggi c'è una premessa. Gesù è già un personaggio che fa discutere, ha la sua cerchia di seguaci, insegna con autorità e, soprattutto, guarisce malati e scaccia i demoni. Tutto questo, per una persona che non ha dato mai segnali preoccupanti, con una vita ordinaria e tranquilla come quella di una persona qualsiasi di una qualsiasi famiglia ebrea media, deve aver destato meraviglia tra i suoi stessi familiari. Infatti, pochi versetti prima (vv. 21-22) leggiamo: Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: "È fuori di sé".  E poi il seguito del brano di oggi. Non deve destare meraviglia che perfino la madre di Gesù mostri preoccupazione e una certa incomprensione dell'operato del figlio. Anche lei è una discepola in cammino! Interessante notare il gioco di parole sullo stare "fuori" ed essere "dentro". In realtà

Il torbidume e la limpidezza

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L'agire di Gesù è destabilizzante e va fermato con tutti i mezzi, senza esclusione di colpi: così ragionano gli scribi "scesi da Gerusalemme". Ma tra tutti, lo strumento più devastante per neutralizzare una persona dal messaggio scomodo è quello del gettargli fango addosso e insinuare il sospetto che fa quello che fa per un qualche torbido tornaconto personale. La "macchina del fango" è un'antica strategia del malizioso che vuole garantirsi l'immunità e la sopravvivenza di fronte alla "provocazione" del bene, affermando che in fondo tutti sono uguali e la pensano come lui., che gli altri sono nettamente peggiori... E' la strategia della confusione, della rimozione dei confini tra bene e male. Gesù non ci sta' e, con le sue parole, riconduce alla lucidità di pensiero e di giudizio che sa distinguere con chiarezza il regno di Dio dal regno di Satana. La "bestemmia contro lo Spirito Santo" è la lucida posizione di chi erige il &

La staffetta della Parola

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Timoteo e Tito, due collaboratori di S. Paolo: per dirla con le stesse parole del convertito sulla via di Damasco, c'è chi pianta e c'è chi irriga, anche se è Dio solo che fa crescere, sia chiaro! (Cfr. 1 Cor 3,6-8). Paolo infatti evangelizza e fonda comunità cristiane ("c'è chi pianta"), che poi affida a suoi fidati discepoli e collaboratori ("c'è chi irriga"), quali sono appunto Timoteo, a capo della chiesa di Efeso, e Tito, a capo della chiesa di Creta. La chiesa fa memoria di questi ultimi proprio il giorno dopo della festa della conversione dell'Apostolo delle genti. Non è un caso. Il vero discepolo non è colui che tiene per sé la buona notizia, non la può trattenere, ma necessariamente la deve trasmettere: scatta una sorta di passaparola. Riflettiamoci su un istante: se io sono qui, se tu sei qui è perché siamo stati raggiunti da questo formidabile e ininterrotto passaparola che parte da Gesù, passa attraverso gli Apostoli e come una staf

Un uomo rinato

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25 gennaio, festa della conversione di S. Paolo. Da qui la proposta del brano di oggi: "Andate... e proclamate il Vangelo...". Paolo non ha conosciuto il Gesù di Nazareth "storico" direttamente , ma per rivelazione diretta sì! La prima notizia che abbiamo di lui è quando, molto giovane, fa da testimone nell'uccisione di Stefano, il primo a subire il martirio tra i cristiani (cfr. At 7,58). La storia della conversione di Paolo è la più raccontata nella Scrittura: per ben tre volte nel libro degli Atti degli Apostoli (capitoli 9, 22 e 26) e una volta in una sua lettera (Gal 1). Vale la pena ascoltare dalle sue stesse parole uno di questi racconti, in occasione del discorso che egli fece dopo il suo arresto a Gerusalemme davanti al popolo:  "Fratelli e padri, ascoltate ora la mia difesa davanti a voi". Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero ancora più silenzio. Ed egli continuò: "Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia,

La superficie o la radice?

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La folla accorre numerosa a Gesù e fa ressa attorno a lui. Ma cosa cerca tutta questa gente, cosa si aspetta? La spiegazione più immediata è l'aggrapparsi a una speranza concreta di guarigione. E' abbastanza naturale che chi sta male non lascia niente di intentato e ne prova di tutte. Chi non farebbe altrettanto? Il mal-essere è una condizione insopportabile. E Gesù concentra la sua missione nella liberazione dell'uomo, nella donazione della salvezza, nel restituirgli il ben-essere. Ecco, Gesù ha di mira esclusivamente il benessere dell'uomo, condizione da non equivocare con la visione riduttiva in cui l'abbiamo confinata. Può darsi che chi si getta su di Lui per toccarlo non vada oltre al livello superficiale di una guarigione ottenuta a buon mercato, ma Gesù ci ha salvati "a caro prezzo" (1Cor 6,20). Ed è una salvezza che va in profondità, fino al centro dell'anima: perché il vero benessere ha lì la sua radice! Contro il rischio di cercare solo la

"...Vieni qui in mezzo!"

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"Alzati, vieni qui in mezzo!". Con queste parole rivolte all'uomo dalla mano paralizzata Gesù chiarisce chi mette "al centro" delle sue attenzioni: non la Legge, non la Nazione, non l'affermazione di sé, ma «l'uomo», soprattutto la persona mortificata, diminuita nella sua dignità di essere umano. Gesù Cristo è il Salvatore che "svela l'uomo all'uomo e gli rende nota la sua altissima vocazione" (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes , n. 22). Facciamo dunque attenzione alla "sclerocardia", all'indurimento del cuore! Questo accade ogniqualvolta nei pensieri che facciamo, nei comportamenti che assumiamo non "mettiamo" l'altro in mezzo, ma lo "togliamo" di mezzo! Togli da noi, Signore, il cuore indurito di pietra e dacci un cuore di carne! Dal vangelo secondo Marco (Mc 3, 1-6). In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a ve

La novità parte dall'occhio

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In Israele è fatto normale che un rabbino (maestro) abbia il suo seguito di discepoli. Così è per Giovanni, un maestro originale con il suo stile di vita rigoroso e austero, così è per i farisei, un movimento israelita di stretta osservanza della legge mosaica (la Toràh ). Gesù, apparentemente, è un maestro come tanti, anche lui con i suoi discepoli. Si inserisce nella tradizione ebraica, in continuità con essa, eppure la supera in un modo mai visto prima. Con gradualità emerge e si svela  che egli è il Messia, il Cristo, l'atteso da Israele e dalle genti. E' Colui che dà compimento alle antiche scritture. E' chiaro che tutto ciò, nella gran parte delle cerchie religiose ebraiche, fosse considerata una pretesa assurda e inconcepibile e, di conseguenza, facesse scattare il sospetto. Ieri, la liturgia domenicale ci proponeva il segno compiuto da Gesù nelle nozze di Cana con il vino nuovo, migliore del primo, servito a tavola (vedi Gv 2,1-11). Anche il brano evangelico di og

Oltre il perbenismo

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Gesù che si "mescola" con i peccatori, che siede a tavola e condivide cibo e bevande insieme con loro, è un'immagine potente! Fa saltare in aria tutto il perbenismo di cui, spesso senza avvedercene, siamo imbevuti. A chi non è mai capitato di formulare una critica o di fare lo scandalizzato di fronte a simili situazioni? Non finiamo forse a volerci vedere qualcosa di torbido, uno scendere a compromessi con il male, una debolezza? Personalmente credo che questo accade perché sono io in realtà ad essere debole e, nel volermi distinguere dall'altro giudicandomi di fatto migliore di lui, penso di poter vantare un merito davanti al prossimo e perfino a Dio stesso. Lo sguardo di Gesù è totalmente diverso: Egli "svuota" se stesso per farsi accanto ad ogni uomo, a cominciare dal più miserabile. Egli, che è Dio, si fa accanto ad ogni uomo, liberandolo dall'imbarazzo dell'indegnità e mettendolo a suo agio, perché da questa vicinanza l'uomo caduto e ferit

Il "118" dello spirito

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Dalla "nascita" di questo blog ho già avuto occasione di commentare l'episodio narrato nel brano del vangelo oggi - la guarigione del paralitico - nella versione di Matteo (Mt 9,1-8) e di Luca (Lc5,17-26) . Basta cliccare sui link precedenti per andare ai relativi "pensieri". Oggi punto l'attenzione sull'intraprendenza  decisiva delle quattro persone che sorreggono il paralitico. Scoperchiano il tetto nel punto preciso che permette l'incontro dell'uomo in barella faccia a faccia con Gesù. Per ciascuno di noi che si sente come "paralizzato" nelle proprie fragilità, delusioni e stanchezze e nei propri sensi di colpa, è decisivo chiedere aiuto a fratelli e sorelle - comporre una sorte di "118 dello spirito" - per essere condotti all'incontro di Colui che solo può guarirci e rialzarci.  Gesù, vedendo la loro fede , disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».  Vi confesso che, da paralitico io stesso sempre b

"Se vuoi, puoi..."

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La lebbra, secondo la mentalità dell'epoca, era ritenuta un castigo di Dio e paragonata alla morte. Chi ne era affetto doveva stare alla larga da tutti e gridare a chiunque si avvicinava: "Impuro, impuro!" (cfr. Lv 13,45). Il lebbroso del vangelo intuisce che con Gesù è finito il tempo della distanza - Egli, il Dio che si fa vicino, l'Emmanuele, il Dio con noi - e gli si getta davanti in ginocchio. Gesù "ne ebbe compassione"... Non passiamo troppo velocemente oltre a questo che non è un dettaglio da poco! La "compassione" di Gesù è il cuore del vangelo! E' la compassione di quel Dio che "dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5,8). Bello il dialogo: - "Se vuoi, puoi..." - "Lo voglio...". E tuttavia Gesù non è un semplice guaritore, un juke box che esegue il comando da noi inserito. Forse sta qui la ragione del severo monito rivolto al lebbros

Dall'Incontro agli incontri

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Nel brano di vangelo di oggi, tra i vari elementi presenti, desidero mettere in evidenza il modo in cui Gesù abita il tempo e le relazioni. Gli incontri che vive con gli altri - insegnando, sanando e scacciando i demoni - sono preceduti e ricondotti all' Incontro  con il Padre e lì trovano il loro senso: "Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava". Leggiamo altrove quanto Egli dice a proposito del pregare: "Quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto" (Mt 6,6). Gesù ci insegna dunque ad entrare nel cielo della nostra stanza interiore per fare esperienza di intimità con il Padre. E' lì che facciamo verità di noi stessi davanti a Colui che ci ama e può  molto più di quanto noi possiamo sperare. Da questa pace interiore, che nasce dalla certezza di essere amati, possiamo rivolgerci all'esterno senza angoscia, con lo stesso atteggiamento e sgu

Dall'aurora al tramonto

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La pagina di vangelo in cui si inserisce il brano di oggi ci conduce dentro agli inizi del ministero pubblico di Gesù, offrendoci  la descrizione dell'attività di un'intera giornata a Cafarnao, dalla mattina alla sera. Questo è un dato molto significativo: vuol dire che Gesù ci raggiunge nella nostra vita quotidiana con la Sua Parola e i segni della Sua presenza che non cessano mai di stupirci, aprendoci ad accogliere l'inesauribile novità di vita che Egli suscita in coloro che Lo accolgono e credono in Lui. "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21,5), dice il Signore. Proviamo a vivere così la nostra giornata e, giunta sera, facciamo memoria dei fatti, degli incontri e delle situazioni dove abbiamo riconosciuto l'operare del Signore... E rendiamogli grazie! Alba a Fermo (dal seminario) - foto di Giuseppe Giudici, per gentile concessione Dal vangelo secondo Marco (Mc 1, 21-28) In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafarnao,]

Dalla contemplazione all'azione

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Dopo il tempo della "contemplazione" è arrivata l'ora dell' "azione". Concluso il tempo del Natale si entra nel tempo "ordinario": non tempo del disimpegno, delle "passioni tristi" (Miguel  Benasayag), della routine , ma del passaggio ai fatti. Di fronte all'appello chiaro di Gesù, si tratta di lasciarci attirare nella logica del "regno" che in altre parole consiste nel mettersi alla sequela di Lui, diventare suoi followers (l'allusione è a twitter, ma ben più di twitter c'è qui!). "Venite dietro a me": tu, io ... che oggi - come Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni -  siamo intenti a "gettare" o a "riparare" le reti ... lasciamoci prendere nella Sua rete! Il che vuol dire, con le parole di San Paolo (Col 3,17):  "Qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre" . Buona settimana! Dal v

L'amico dello sposo

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Giovanni il Battista nei confronti di Gesù non è il  wedding planner (organizzatore di matrimonio), professione in auge nei tempi moderni, ma "l'amico dello sposo" ( paraninfo ). E' colui che, dopo aver già sussultato nel grembo di Elisabetta visitata da Maria, "esulta di gioia alla voce dello sposo". La grandezza del Battista sta esattamente nella sua capacità di farsi da parte, di "scomparire" nel momento in cui può indicare alla sposa l'arrivo dello Sposo (la metafora nuziale è presentissima nella bibbia e sta indicare nell'AT il rapporto di alleanza tra Dio e il suo popolo e nel NT il rapporto tra Cristo e la Chiesa). Qui sta la gioia "piena" di Giovanni. Personalmente chiedo a Dio la capacità di fare altrettanto, per poter dire insieme con il Battista: "Lui deve crescere; io, invece, diminuire". Si tratta di fare un'opera continua di "decentramento", di "esodo" costante dalla schiavitù del

Non più frontiere

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" - Signore, se vuoi puoi purificarmi!... - Lo voglio: sii purificato!". La lebbra: tra tutte le malattie la peggiore! Quella che manifestava la condizione di maledetto da Dio e dagli uomini. Il lebbroso doveva vivere lontano dalla città degli uomini e dagli spazi sacri, benedetti da Dio e dalla sua presenza. Gesù abbatte ogni recinto di separazione, abolisce ogni frontiera, e se il "maledetto" è escluso, allontanato, emarginato è Lui che si fa vicino e si fa avvicinare. Notiamo bene che l'uomo era "coperto di lebbra" e, avendolo visto, si "getto dinanzi" a Gesù, il quale gli "tese la mano e lo toccò". Proviamo ad immaginare la "nostra" personale lebbra: come mi sento di fronte al Signore e cosa credo Egli possa fare per me? Proviamo ora ad immaginare i "lebbrosi" che incrociamo nella quotidianità: come mi comporto nei loro confronti, cosa posso imparare dal Signore? Dal vangelo secondo Luca (Lc 5, 12-1

"Oggi..." (non ieri)

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«Oggi...». L'"oggi" di Gesù nella sinagoga di Nazareth non è il nostro "ieri". Quell'oggi è anche il nostro oggi. L'evento dell'incarnazione del Figlio di Dio, il suo assumere su di sé la nostra carne mortale, lo ha reso, una volta per sempre, nostro "contemporaneo". In lui si compiono le promesse antiche. Con Gesù l'attenzione si sposta ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi, agli oppressi: Egli dona a tutti liberazione e salvezza! Per accoglierlo occorre che abbandoniamo la presunzione di farcela da soli, di procurarci la salvezza con le nostre stesse mani. Si tratta di prendere coscienza che la "povertà" è la condizione esistenziale vera dell'uomo, che, contrariamente al mito del self made man, ha bisogno di levare le mani al Cielo. Ma in questo, Dio, nella sua condiscendenza, ci ha facilitato il compito perché Egli ha piegato il Cielo sulla terra, si è chinato su di noi. Dice il Salmo 113 (112):  Chi è come il Signore,

Oltre il vento contrario

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Bisogna immaginarla la scena descritta dal vangelo di oggi e provare ad entrarci dentro da protagonisti per provarne a sentire gli effetti e la forza. I discepoli "affaticati nel remare" e il soffio del "vento contrario" non parlano forse della tua, della mia, della nostra esistenza? E che dire della cecità che fa dubitare in questi momenti della presenza del Signore? Anzi: che addirittura, per l'angoscia che ci assale e per i fantasmi che ci portiamo dentro, ci fa confondere il suo avvicinarsi alla materializzazione di un fantasma? «Signore, dacci occhi che si sollevano oltre il gioco a specchi del nostro io e ci fa vedere il tuo farti vicino, dacci orecchi per udire la tua rassicurante voce che squarcia il turbinio di pensieri angosciosi: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!". Sali sulla barca della nostra vita e placa le acque agitate della nostra anima. Tu sei la Pace!». Dal vangelo secondo Marco (Mc 6, 45-52). [Dopo che i cinquemila u

Il miracolo del pane

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Miracolo della moltiplicazione o della condivisione dei pani? Gli studiosi di bibbia propendono per la seconda e a me non dispiace né scandalizza. Perché se Gesù "moltiplica" i pani, beh... ci può apparire scontato: Egli, in qualità di Figlio di Dio, può ogni cosa... ma tutto sommato in che modo viene "coinvolto" l'uomo oltre al  semplice fatto di assistere "ammirato" (da cui miracolo) a ciò che accade di fronte a lui? ...E Gesù non è un distributore automatico di merende! Ma se il Maestro, insegnando la buona notizia ("si mise a insegnare loro molte cose") e donando la sua propria vita, apre il cuore dei discepoli alla sua stessa capacità di "compassione" e mette in moto cuore e mani alla condivisione, allora sì che siamo di fronte a un vero miracolo! Il vero miracolo è appunto la conversione del cuore. Leggiamo infatti nella prima lettera di Giovanni (1Gv 3,16-18) In questo abbiamo conosciuto l'amore, nel fatto che egli ha

Ricominciare - restart!

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Come ho annunciato nell'ultimo post del 31 dicembre scorso, eccomi di nuovo qui dopo alcuni giorni di "ricarica" spirituale. Ho toccato con mano quanto afferma la lettera agli Ebrei (Eb 4,12-13): La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto. Queste parole sono per ora sufficienti per riassumere l'esperienza che ho avuto il dono di vivere. In seguito spero di potervi raccontare di più. L'essere messi a nudo davanti a Dio, mediante l'incontro con Lui nella Parola, può a prima vista spaventare, ma in realtà è l'esperienza più consolante che si possa fare perché fai "semplicemente" la scoperta di essere amato. E questo n