Più luce!

 

Rubens, Adorazione dei pastori (1608), particolare
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio. 
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,1.14)

Vivo nella “città della musica” e mi piace paragonare il prologo di Giovanni (Gv 1,1-18), che ascoltiamo a Natale, a un preludio. Come in un’opera di Rossini il preludio tocca tutti i temi musicali che verranno poi espressi nei brani che seguono, così accade con l’inizio del quarto vangelo: vengono toccati tutti quei temi che poi verranno sviluppati lungo l’intero testo evangelico: i temi della vita, della luce, dell’accogliere, della testimonianza, della grazia, della pienezza, della visione della gloria, del diventare figli di Dio. Di tutto il brano, che è di una ricchezza e di una profondità insondabili, farò due sole sottolineature. La prima è nell’incipit: “In principio era il Verbo”, la Parola. Il Figlio è Parola eterna pronunciata dal Padre e rivolta verso di Lui e una cosa con Lui nell’Amore. È all’origine di tutto ciò che esiste. La Parola ha creato, ha dato vita e si è fatta carne. L'ascolto e l’accoglienza della Parola è fonte di vita per l'uomo. L'uomo che non ascolta e non accoglie in sé la Parola non ha la vita, perché non entra in relazione, taglia le proprie radici e, senza la relazione, muore. La parola è relazione vitale, dialogo, è entrare in comunione: con Dio e con i fratelli. La seconda sottolineatura è che questa Parola, che era “da principio”, è “luce” che “splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta”. Una luce che illumina la via, che rende chiaro l’orizzonte, che ci permette di scorgere il senso laddove noi non riusciamo; ci consente di scoprirci figli di Dio, perché ci fa prendere coscienza di come siamo da Lui visti e così ci fa riconoscere nel volto dei nostri simili il volto di fratelli. Illuminante, a tal proposito, è una storia della tradizione ebraica: «Un vecchio rabbino domandò una volta ai suoi allievi da che cosa si potesse riconoscere il momento preciso in cui finiva la notte e cominciava il giorno. “Forse da quando si può distinguere con facilità un cane da una pecora?”. “No”, disse il rabbino. “Quando si distingue un albero di datteri da un albero di fichi?”. “No”, ripeté il rabbino. “Ma quand’è, allora?”, domandarono gli allievi. Il rabbino rispose: “È quando guardando il volto di una persona qualunque, tu riconosci un fratello o una sorella. Fino a quel punto, è ancora notte nel tuo cuore” (B. Ferrero)». Gesù viene come “luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1,9) e “a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). A queste parole fa eco lo stesso evangelista Giovanni nella sua prima lettera: “Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo” (1Gv 2,9-10). La luce viene per illuminare il buio, anche le parti più oscure della nostra vita e della nostra storia; e noi esseri umani, nonostante le contraddizioni che ci abitano, siamo affamati di luce, come le piante che si protendono verso la fonte luminosa. “Più luce!”, esclamò il poeta tedesco Goethe sul letto di morte, e corsero a spalancare le imposte della finestra. Ho presente il meraviglioso quadro di Rubens (Pinacoteca Civica di Fermo) raffigurante l’adorazione dei pastori: il bambino Gesù in fasce è una fonte di luce che illumina ogni cosa e ogni presenza attorno a sé. È questo, perciò, l’augurio che ci facciamo in questo Santo Natale: che possiamo aprire gli occhi per contemplare la luce di Cristo e, così illuminati, possiamo a nostra volta rischiarare il cuore di chi si trova nel buio.


Commenti

  1. Grazie D. Sandro le tue parole ci fa gioire il nostro cuore buon Natale di cuore

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  2. Esegesi impeccabile! Complimenti 👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻

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