Chi aspettiamo?

 

L'attesa - Pino Ramunno

«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Mt 11,3)

«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Mt 11,3). Con queste parole il Battista fa rivolgere a Gesù una domanda che non ci saremmo aspettati. Non è forse colui che aveva sussultato nel grembo di Elisabetta sua madre all’incontro con Maria dopo l’annunciazione? Non è colui che aveva riconosciuto nel cugino il Messia nel battesimo del fiume Giordano? Perché ora Giovanni dubita? È qui la grandezza del profeta: mettere in discussione la sua stessa idea di Dio. Chi è dunque Gesù? Chi sto attendendo nella mia vita? Giovanni ci mette davanti a noi stessi, alla nostra realtà. Ci fa chiedere quale esperienza di Cristo stiamo facendo. L’attendere, il vigilare, il preparare la via al Signore hanno senso se sappiamo chi stiamo aspettando. Colui che viene è già venuto e aspetta solo di essere riconosciuto e accolto. Ed è piccolo, fragile, un bambino che si mette nelle nostre mani, assume la nostra realtà, i nostri limiti, per diventare simile a noi e farci simili a Lui, cioè figli di un solo Padre e fratelli tra di noi. Ma noi siamo pronti ad accoglierlo così? O attendiamo qualcun altro, un dio fatto a nostra immagine e che non riconosciamo in questo Dio indifeso e quindi scandaloso? La risposta che Gesù dà ai discepoli inviati da Giovanni non è una definizione teorica di sé, ma è una risposta che dà con i fatti. Ridare la vista ai ciechi, far camminare gli zoppi, purificare i lebbrosi, far udire i sordi, risuscitare i morti, annunciare il vangelo ai poveri è ciò che Gesù ha fatto e continua ad operare in coloro che lo accolgono e credono in Lui.  Ma tutto questo è possibile se non ci scandalizziamo di Lui, se accettiamo che la sua forza si manifesti nell’assumere la nostra debolezza. Attendiamo davvero colui che viene a condividere in pieno la nostra condizione umana, la nostra fragilità, il nostro limite, fino alla croce? Perché è così che Dio viene. Nel Vangelo di questa domenica Gesù ci chiede di fare un atto di fede: il nostro credere nel Signore sono solo parole o è una vita trasformata dall’incontro con Lui che mi viene a cercare nella piccolezza di ciò che sono? Il più grande di tutti gli uomini è il Battista proprio perché non si ferma ad un credere teorico e sa andare oltre tutte le sue attese. Cede a tutte le sue sicurezze mettendosi in discussione. Ha la suprema libertà di aprirsi totalmente a Dio: per questo è il più grande “fra i nati da donna”. Eppure - aggiunge Gesù - “il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui” (Mt 11,11). E di chi si tratta precisamente? Chi sono questi “piccoli”? Sono tutti coloro che, in Cristo, hanno acquistato la dignità di figli di Dio. Sta tutto qui il motivo della gioia di questa domenica che ci prepara a quella del Natale. Per il cristiano, riscoprire la dignità di figlio di Dio, amato e salvato, ha il potere di rinfrancare il cuore e di restituire vigore per il cammino anche in mezzo a un deserto. “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio!” (Is 35,4).

Letture: Is 31,1-6a-8a.10; Sal 145 (146), Gc 5,7-10; Mt 11,2-11

 


 


 

 

Commenti

  1. Mi vengono in mente le Parole... Gesù da chi andremo...TU SOLO ai Parole di VITA ETERNA... buona Domenica della gioia🙏❤️🙏

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  2. Credere in Gesù è imparare ad abituarsi a ciò che è diverso da quello a cui noi pensiamo.

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