Le domande che contano

Il discorso di Gesù non è facile da afferrare perché sembra contrastare con l'evidenza dei fatti. Il problema è da dove parte il "mio chiedere" al Padre: se è solo un "mio" chiedere o se è "Cristo in me" o ("io in Cristo") che chiede. Non è un gioco di parole né un rompicapo astruso che oggi voglio proporre: si tratta di provare ad afferrare il senso del nostro pregare. Ha ragione S. Paolo quando dice che noi "non sappiamo come pregare in modo conveniente". Per questo abbiamo bisogno di un "suggeritore" che viene in aiuto alla nostra debolezza, che ci spogli delle nostre fiacche domande e ce ne metta dentro di più grandi. E' lo Spirito che "intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio" (Rom 8,26-27).
"Signore, oggi ti chiedo di mandare il tuo Spirito perché sappia rivolgerti le domande che contano!".

Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 16, 23b-28).

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.
Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l’ora in cui non vi parlerò più in modo velato e apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio.
Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre». 

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