Perché il cielo si apra...


Il brano della liturgia odierna è il proseguimento del capitolo 4 di Luca dove si racconta di Gesù che entra nella sinagoga di Nazareth, prende il rotolo di Isaia, si alza a leggerlo nel passo dove il profeta dice: "Lo Spirito del Signore è sopra di me... mi ha consacrato ... e mi ha mandato...". Gli occhi di tutti sono puntati su di Lui. Poi, sedendo, dice: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato". Davanti allo sconcerto dei presenti, ecco il brano di oggi con le considerazioni che Gesù fa. In effetti quanto Gesù descrive si è di fatto avverato con la predicazione apostolica dopo la Pentecoste, quando il vangelo si diffonderà al di fuori dei confini di Israele e del popolo giudaico.
Tuttavia il pensiero che questo brano del vangelo oggi mi spinge a fare è verificare la mia capacità di accogliere Gesù Cristo in maniera sempre nuova, senza sclerotizzarmi in quello che di Lui già so. La presunzione di sapere tutto (o quasi) di Lui è una tentazione grave e rischiosa: provoca la "chiusura" del cielo... e la vita di fede avvizzisce! A volte mi accade di trovare persone, apparentemente "lontane", che sono più libere e meglio disposte ad accogliere con stupore la novità del vangelo, molto più di chi il vangelo (me compreso) crede di conoscerlo già.
Un impegno per oggi: lasciamoci stupire sempre di nuovo da Cristo, magari contemplandolo un po' nel Crocifisso, in silenzio... o celato nel volto di chi incontriamo, soprattutto di chi è più nel bisogno.



Dal vangelo secondo Luca (Lc 4, 24-30).
In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. 

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