Il saluto di papa Francesco

Non avete in voi l'amore di Dio". L'accusa di Gesù verso i giudei è forte! Essi scrutano le Scritture, le conoscono bene, ma non ascoltano e non credono. Questo è un invito a riflettere anche per noi. In che misura faccio spazio all'amore di Dio in me? Come incide nella mia esistenza quotidiana la Parola? In che modo convalido con la mia vita la fede in Gesù? In altri termini, ascolto la sua Parola e faccio orientare le mie scelte da essa?
Infine, una piccola considerazione a caldo sul gesto di Papa Francesco, che nel saluto ai fedeli in piazza S. Pietro si è inchinato per ricevere, lui, la benedizione "dal basso"! Con questo gesto ha esattamente incarnato l'invito di Gesù a non ricevere "gloria gli uni dagli altri", ma a cercare quella "che viene dall'unico Dio!". Sul saluto del neo papa vi invito a leggere il seguente commento che mi ha inviato l'amico don Enrico Brancozzi, docente di teologia a Fermo, e che condivido pienamente:
Il breve saluto del papa appena eletto dalla loggia delle benedizioni è una consuetudine recente, a cui è difficile attribuire un valore programmatico. Tuttavia, le parole e i gesti di Bergoglio rappresentano qualcosa di più di un semplice discorso di circostanza.Un primo livello del suo messaggio credo stia nelle preghiere popolari che ha invitato a recitare. La fede è il paradosso di un evento semplice e incommensurabile allo stesso tempo. È l’amicizia con il Signore, una relazione accessibile a tutti, che solo successivamente pone interrogativi che chiamano in causa l’intelletto umano.Un secondo livello è più contenutistico. Innanzitutto, papa Francesco si è presentato come vescovo di Roma, precisando che il conclave aveva propriamente questo compito; ha salutato la comunità diocesana di Roma venuta ad accoglierlo (sapendo che la folla di Piazza San Pietro verosimilmente solo in minima parte era composta da romani); ha ricordato il vescovo emerito Benedetto XVI; ha precisato che la chiesa di Roma presiede nella carità la chiesa universale; ha fatto un riferimento alle chiese locali; e quasi a suggello di questa impostazione, ha chiamato in causa, insolitamente, il cardinale vicario (non il segretario di stato, né i collaboratori della curia); ha parlato dell’evangelizzazione di questa «bella città». Insomma, una piccola lezione di ecclesiologia conciliare: è evidente che Francesco non si sia presentato come Romano Pontefice, bensì appunto come pastore della chiesa locale romana. Avrà voluto dire che concepisce il suo ministero primariamente come quello di un vescovo tra gli altri e non nella linea della supervisione della chiesa universale? Avrà voluto richiamare la centralità delle chiese locali, cioè delle diocesi, espressa in modo luminoso in Lumen gentium 23?Inoltre, Francesco ha voluto richiamare la comunione necessaria tra vescovo e popolo, tra vescovo di Roma e gli altri vescovi, e ha parlato di un cammino di tutta la chiesa (qui anche universale) fatto di fratellanza, fiducia e amore. E a questo punto ha fatto un gesto inusuale, ma teologicamente densissimo: ha chiesto la preghiera dei fedeli per poter essere riempito dello Spirito Santo e poter poi a sua volta benedire l’assemblea. Giovanni XXIII, il giorno dell’apertura del Vaticano II, aveva detto in modo sconvolgente che la persona del papa «conta niente»: è una voce sola che riassume tutte le altre e riceve, in un certo senso, dalle altre il suo valore e il suo significato. Papa Francesco ha fatto qualcosa di simile: si è chinato come per essere ricolmato della presenza di Dio, esattamente come Maria, che è grande solo perché Dio l’ha riempita della grazia. Il punto è che il papa ha presentato questa intercessione non in modo verticale, bensì orizzontale, anzi, dal basso. È il popolo che prega sul pastore. Avrà voluto dire che occorre un ripensamento del ministero in senso meno sacrale e più ecclesiale?Infine, c’è un ultimo richiamo conciliare: la benedizione a tutti gli uomini e donne di buona volontà, linguaggio che ultimamente sembrava irenista e un po’ pusillanime. Avrà voluto dire che il concilio è ancora davanti a noi e una buona bussola per chi vuole orientarsi nella fede?


Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 5, 31-47).
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: 
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. 
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. 
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. 
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall'unico Dio? 
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?». 

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