Il nuovo tempio


Gesù era stato una prima volta nel tempio di Gerusalemme, da dodicenne, quando fece angosciare la madre e il padre che non lo trovavano più (cfr. Lc 2, 46-48), per ascoltare e interrogare i maestri. Ora vi ritorna, al culmine del suo cammino, compiendo un gesto di "rottura" eclatante e questa volta, a differenza dalla prima, salendo egli stesso sulla cattedra dell'insegnamento. Il messaggio è chiaro: il culto centrato sul tempio sta per essere abolito e questo è significato dal gesto della cacciata di coloro che vendevano (legittimamente) il necessario per il culto. Sarà Gesù stesso il nuovo tempio e "il popolo" che "pendeva dalle sua labbra nell'ascoltarlo" è prefigurazione del nuovo popolo di Dio che è la Chiesa. Ciò che è centrale è l'ascolto dell'insegnamento del Cristo. All'atteggiamento dell'ascolto si contrappone la chiusura dei capi del popolo che cercano di far tacere per sempre la voce scomoda, esattamente come hanno fatto i loro padri verso gli antichi profeti. Di fronte al vangelo di oggi ci chiediamo, dunque, che cosa rappresenta per noi la parola di Gesù. Possiamo dire che "pendiamo dalle sue labbra"? Un test semplice è verificare quante volte è una parola evangelica a orientare le mie scelte e i miei comportamenti. Proviamo a farlo oggi stesso.


Dal vangelo secondo Luca (Lc 19, 45-48).
In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell'ascoltarlo. 

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