La donna sa soffrire


La memoria di Maria Addolorata segue la festa dell'Esaltazione della Croce. La madre di Gesù è un esempio di straordinaria forza femminile e materna. Il suo "stare" presso la croce è in contrasto con l'assenza di quasi la totalità dei discepoli che non hanno retto a tanto. Maria "sta"! Nello stesso tempo accetta di essere "privata" della sua maternità per estenderla all'intera chiesa nascente. C'è un forte tratto di umanità nel dolore di una madre che conosce le doglie del parto. Per questo la donna è capace di "stare" davanti alla croce meglio di un uomo: è allenata al soffrire. Riporto, a questo proposito, un passaggio della bellissima lettera apostolica che il beato Giovanni Paolo II ha scritto sulla dignità e vocazione della donna Mulieris dignitatem (15 agosto 1988):
«La donna quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione, per la gioia che è venuto al mondo un uomo» (Gv 16, 21). Le parole di Cristo si riferiscono, nella loro prima parte, a quei «dolori del parto» che appartengono al retaggio del peccato originale; nello stesso tempo, però, indicano il legame che la maternità della donna ha col mistero pasquale. In questo mistero, infatti, è contenuto anche il dolore della Madre sotto la Croce - della Madre che mediante la fede partecipa allo sconvolgente mistero della «spogliazione» del proprio Figlio. «E questa forse la più profonda "kénosi" della fede nella storia dell'umanità»(40).
Contemplando questa Madre, alla quale «una spada ha trafitto il cuore» (cf. Lc 2, 35), il pensiero si volge a tutte le donne sofferenti nel mondo, sofferenti in senso sia fisico che morale. In questa sofferenza ha una parte la sensibilità propria della donna; anche se essa spesso sa resistere alla sofferenza più dell'uomo. E difficile enumerare queste sofferenze, è difficile chiamarle tutte per nome: si possono ricordare la premura materna per i figli, specialmente quando sono ammalati o prendono una cattiva strada, la morte delle persone più care, la solitudine delle madri dimenticate dai figli adulti o quella delle vedove, le sofferenze delle donne che da sole lottano per sopravvivere e delle donne che hanno subito un torto o vengono sfruttate. Ci sono, infine, le sofferenze delle coscienze a causa del peccato, che ha colpito la dignità umana o materna della donna, le ferite delle coscienze che non si rimarginano facilmente. Anche con queste sofferenze bisogna porsi sotto la Croce di Cristo.
Ma le parole del Vangelo sulla donna che prova afflizione, quando per lei giunge l'ora di dare alla luce il figlio, esprimono subito dopo la gioia: è «la gioia che è venuto al mondo un uomo». Ed anch'essa è riferita al Mistero pasquale, ossia a quella gioia che viene comunicata agli apostoli il giorno della risurrezione di Cristo: «Così anche voi, ora, siete nella tristezza» (queste parole furono pronunciate il giorno prima della passione); «ma vi vedrò di nuovo, e il vostro cuore si rallegrerà, e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia» (Gv 16, 22-23).
Un pensiero speciale oggi, quindi, per tutte le donne che soffrono (e chi non soffre?). In Maria possano trovare un esempio luminoso a cui guardare.


Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19,25-27)
In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell'ora il discepolo l’accolse con sé.

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